Guarda. Lo vedi cosa sta succedendo? E
non senti anche tu dentro qualcosa di particolare? No, perché io,
quando vedo queste cose succedere in una terra come quella, sì, lo
sento questo qualcosa di particolare. E anche se non sono mai stato
lì, anche se sono lontano, mi sembra di essere lì. Già il nome,
Istanbul, mi evoca sensazioni indefinite. E poi. Saranno quelle facce
dure, spesso scure, sempre familiari. Sarà che quando percepisci
tutta quella storia in un Paese e vedi quei ragazzi circondati da
tutta quella storia, un po' senti che la storia la stanno facendo.
Anche se magari poi non la faranno. Sarà che quando una terra è un
ponte, una porta, pensi che tutti quelli che si muovono in quella
terra siano a loro volta una porta, un filo che collega il passato e
si dipana fino al futuro e li confonde anche. Sarà che persino la
violenza della repressione ti sembra abbia un senso perverso, perché
tu immagini anche la violenza dei colori, degli odori, le voci alte,
il sudore e ancora gli odori e tutto ti sembra sia perfettamente nel
suo contesto. E quasi senti di toccare con mano e vedere con gli
occhi tutto questo. Inizi a girare su te stesso e tutt'intorno è
Turchia.
- Ok cazzo, hai vinto tu:
vada per il kebab.
A. Skujina, Rifugio 8, 2013, 26,5x27, tecnica mista su carta |