Vasco compie 60 anni e fra poco comincerà a fare le bollicine. Per omaggiarlo, Jovanotti, il suo amico intelligente, gli ha scritto un'emozionante lettera aperta su La Stampa. Doveva essere per i 50 anni, ma l'ha finita solo oggi. Ne è venuto fuori uno dei pilastri della storia dell'umanità. Per leggerlo e rileggerlo, e ne vale davvero la pena, cliccate qui.
Casualmente sono venuto in possesso della brutta copia che Lorenzo ha vergato di sua mano: la versione definitiva è stata solo leggermente, ma significativamente, modificata. La ripropongo qui, perché tutti sappiano come nasce un capolavoro.
Buon compleanno Vasco!
Oggi ripenso alla prima volta che ho incontrato la tua musica e a quanto mi colpì. Come se qualcuno avesse inventato un colore nuovo che avevo dentro ma che nessuno aveva mai rappresentato. In realtà ho poi scoperto che a quell'epoca tutti conoscevano già il marrone.
Ero un ragazzino e d’estate «lavoravo» in una radio privata. Di dignità. Arrivò il rifornimento dei dischi nuovi e io come sempre mi ci tuffai. Fu allora che mi spiegarono che servivano per sentire la musica. Tra quelli c’era "Non siamo mica gli americani". Ricordo come fosse ora l’effetto che mi fece quando il disco cominciò a girare: mi svegliai quando il fonico schioccò le dita.
C’era la poesia, e io neanche lo sapevo. Questo pensai dopo aver scartato il mio primo bacio Perugina. Ma torniamo a te.
Di quel disco una cosa tra tutte basta a dire perché tu sei Vasco Rossi, il grande Vasco. In quella canzone, a un certo punto fai il suono degli spari con la bocca, e in una canzone io non l’avevo mai sentito fare. Per me in quella cosa è racchiuso lo spirito eterno del rock. Fare il suono degli spari con la bocca, come da bambini quando si gioca. Ora però sono spari veri, che colpiscono e fanno bene, sono liberatori. Non sono con la bocca. Sono in bocca.
La mia canzone "No Vasco, io non ci casco” voleva essere l’impegno a non farsi fregare dai «grandi», a non cascare nelle trappole del conformismo. Chissà cosa è andato storto. Non è facile: continuare a fare il suono degli spari con la bocca. In molti non capirono il gioco di quella mia canzone, ma lo capirono i bambini e le persone di cuore. Gli altri no, quelli capiscono sempre solo quello che gli fa comodo. Si chiama amor proprio.
Una volta te l’ho anche detto di persona che il tuo nome racconta perché ti vogliamo tutti bene: di cognome fai Rossi, come il signor Rossi, e di nome fai Vasco, il grande navigatore: sei l'uomo normale che circumnaviga il Capo di Buona Speranza affrontando il vuoto assoluto di un mondo sconosciuto. Ed è in quel vuoto assoluto che ci siamo conosciuti. Vasco e Rossi, contemporaneamente, in simultanea. La normalità e l’avventura, l’anonimato e la spericolatezza.
Oggi fai 60 anni e io ti vedo come un capo indiano, di quelli che si usavano una volta, o come il Grinta, hai presente il Grinta, quello del film? Grande capo Nuvola Rossi. E poi Vasco è il maschile di Vasca (di decantazione- ndMrD), che non è poco, è una cosa femmina e calda e accogliente, fatta per «lasciare tutto il mondo fuori», soprattutto se hai una lametta. Uno stadio un giorno potrebbe essere chiamato «un vasco», una gigantesca vasca maschio per bagni collettivi di libertà. Non sarebbe fantastico fargli pagare anche lo shampoo?
Quando l’estate scorsa hai annunciato che volevi abbandonare gli stadi (ma non gli studi, intendo quelli di registrazione... ma che cazzo specifico a fare) ho pensato che stessi per entrare in una nuova fase creativa.: quale canzone dei Radiohead avresti ammazzato questa volta? Potevo aspettarmi di tutto da uno come te, che ha visto «cose che noi umani disintossicati...» (semicit.). Uno come Clint Eastwood o Bruce Springsteen, Michelangelo (pietà!, ndMrD), Hokusai, Saramago, la Szymborska, Fellini o Dario Fo, gente che dimostra che la creatività si espande, come l’universo, se uno la lascia fluire, e che a volte il tempo sembrerà tornare indietro, ma saranno attimi, tutto scorre in avanti, inesorabile. E queste son le cose che vedono gli umani disintossicati.
Una volta ci siamo incontrati nel tuo ufficio a Bologna. Stavi fotocopiando un po' di canzoni. Tornando a casa in macchina, mia moglie, che ti aveva stretto la mano per la prima volta, mi ha detto: «Vasco è... emozionante». Ecco, le donne, un po’ come fai anche tu, in una parola dicono tutto. E il contrario di tutto.
Per il tuo compleanno ti regalo una frase di uno dei miei film preferiti, «Big Fish», di Tim Burton. «Il pesce più grande del fiume diventò tale perché non fu mai catturato». La puoi dedicare a quelli che ancora abboccano.
Tu sei il più grande del nostro fiume. E continui a crescere! Lo dicono tutti i pescatori!
Buon compleanno capo Nuvola Rossi, sia Vasco sia Rossi sia E!
Ineffabile e prolifico :)
RispondiEliminaMD, a proposito: tu che gestisci un blog, come si fa a commentare con il proprio profilo Twitter (o di lettori fissi, forse)? Per cercare di essere, se non in-effabili, almeno non iN-becilli :)
RispondiEliminanon farmi più domande del genere, perché così sono costretto a rivelare che della gestione del mio blog si occupa mia nonna, visto che io sono un idiota totale in materia. Comunque, col profilo twitter non ne ho idea. Come lettore fisso devi selezionare account google e loggarti nel menu a tendina sotto i commenti... o no? sigh.
Eliminaossequi
Grandissimo MisterDonnie!!!
RispondiEliminaRob
Tua nonna ne sa a mazzi. Ringraziala.
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