lunedì 27 dicembre 2010

Tu scendi pan di stelle

Da me non sentirete mai una parola contro le tradizioni. Men che meno contro quelle natalizie.

Per dire, smerdare le tradizioni è una cosa che mi sembra adatta a personaggi tipo Gabriele Muccino.

(Apro parentesi su Muccino: di recente, in un impeto di autolesionismo, mi sono visto "Baciami ancora". È un film- si fa per dire- che funziona così: una scena in cui si baciano, un'altra in cui sbarellano/urlano/tradiscono/piangono. A ripetizione. Un totale spregio dell'esistenza delle varie tonalità di grigio. Comunque, dopo due ore e mezza di nulla, non c'è riuscito a convincermi che la vita è come i suoi film: nammerda.
E ancora. Claudio Santamaria, dopo dei promettenti esordi, nell'opera mucciniana porta il suo personaggio lì dove ha portato la sua carriera: il suicidio. 
E ancora. Due ore e mezza di film senza neanche la soddisfazione di aver visto la gnugna della Puccini o il sangue della Impacciatore. Chiudo parentesi).

Le tradizioni, dicevamo. Non si tratta solo di irrinunciabili momenti di condivisione. Si tratta di avere delle cornici di riferimento. Si tratta di agire all'interno di schemi predefiniti. Si tratta di godere mille volte di più quando l'imprevedibilità, il caso o il genio rompono quegli schemi per una frazione di secondo. Avere degli alberi a cui di volta in volta appendere il ricordo che merita.
È per questo che,  nonostante io sia ormai lontano anni luce dalla religione, non mi sottraggo, anzi avallo volentieri il natalizio riproporsi di alcuni riti. Fra questi, la nascita del bambinello la sera della vigilia.

Natale 2010. Abbiamo deciso di passare la vigilia (e poi anche il 25) a Specchia, nella casa della nonna materna. Come sempre abbiamo fatto, ad eccezione degli ultimi due anni, durante i quali in rapida successione se ne sono andate sia Nonna Bianca che la zia che viveva con lei.
Ma quest'anno, di nuovo Specchia. Perché è una casa natalizia come ce ne sono poche: grande, enorme, vecchia e col camino. Con l'odore di legna bruciata e i rumori del paese lontani ma non troppo. Perché è una tradizione.
La vigilia solitamente andava così: a metà pomeriggio arrivavano gli zii e i cugini (tre maschi, per un totale di sei nipoti maschi per Nonna Bianca). Si giocava un po'. Si andava un po' in piazza per vedere la  focareddhra. Si andava in chiesa a confessarsi un po'. Io e mio cugino Marco, i due malvagi della famiglia,si faceva il nostro spettacolo pirotecnico fra timori e raccomandazioni. Si mangiava. Si faceva nascere un po' Gesù. Poi noi sei si veniva chiusi in camera da letto della nonna, le luci si spegnevano, rumori di pentole, le luci si riaccendevano, le porte si aprivano, noi correvamo per l'immenso corridoio (ma quando si arriva?) e fino alla sala da pranzo dove Babbo Natale, in quei pochi minuti, aveva portato quel popò di roba. Nonna Bianca applaudiva.

Ma sto divagando.
Natale 2010. Per la prima volta viene con noi a Specchia l'altra nonna, quella paterna, nonna Giulia. di cui forse alcuni di voi hanno sentito già parlare. Non era mai successo perché negli anni precedenti era sempre rimasta a Taranto per passare il Natale con la sorella. Siamo un po' preoccupati, perché ha 92 anni, c'è il rischio che si senta spaesata, la casa è grande, fredda e umida. Ma in realtà si è rivelata una splendida idea portarla e non solo perché non ha sofferto il freddo e non si è sentita spaesata.

Sera della vigilia. Processione dentro casa per la nascita del bambinello. Tutti con una candela in mano, mio fratello Roberto, il più piccolo, con Gesù fra le mani. Ripercorriamo, stanza per stanza (e ce ne vuole), il tragitto fatto ogni Natale, ad eccezione degli ultimi due. È sempre stato uno dei momenti più esilaranti: si canta e ognuno lo fa per i cazzi propri, si stona, si inserisce un "zum zum", si storpia il latino di "Adeste fideles" e cose così.
Quest'anno Maggie, il cane, ci segue abbaiando incuriosita. Nonna Giulia cammina sottobraccio a mio fratello Raffaele. In questo caso sì un po' spaesata, non avendo mai preso parte a tale rito.
Terminato il percorso, ci fermiamo davanti al presepe. Preghiamo. E preghiamo. Poi, Roberto porge a tutti il pupazzo del bambinello prima di riporlo nel presepe: lo bacio io, lo bacia mia madre, mio padre, i miei fratelli, gli zii e i cugini.
Lo porge a Nonna Giulia che si fa avanti, aggrotta lo sguardo, apre le fauci. Roberto riesce a sottrarlo un secondo prima che lei lo addenti:

- Nonna, che fai? è Gesù!-
- E ce ne saccie!? M' pensave ca era nu biscott!-

Fottiti, Muccino.

9 commenti:

  1. meravigliosa nonna giulia....
    e per la cronaca quella cacata di film per me è durata mezz'ora, poi il mio autolesionismo non è riuscito ad andare oltre...
    gianni

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  2. Fantastico!!! : )))
    Mi piace quello che scrivi e come lo scrivi ancora di più. E mi piace respirare ancora, in queste righe, l'odore di casa vostra, della vostra cucina... Bacio.
    Mara

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  3. io amo nonna giulia. ucc

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  4. è la seconda sera che piango dal ridere, da solo e come molto raramente mi accade.
    e' stupendo!

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  5. Che dire? Non so se morire dal ridere o lacrimare di commozione..
    E' come se potessi vedere la scena davanti ai miei occhi!
    Grande Tato e soprattutto Nonna Giulia.
    Non mi pronuncio sulle dieci frasi più belle..davvero non saprei quale votare!

    Sara

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  6. Donnie sei sempre uno spettacolo... Grandissimo!

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  7. Sempre un piacere rileggerlo..baci tatolone. Gianni

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